Questo è l'ennesimo post che dedichiamo all'immobilaire "di carta", ovvero i metodi in cui investire in immobili senza dover per forza intestarsi la titolarità di case o uffici in mnaiera diretta.
Scartiamo per il momento dalla nostra analisi il nuovo trend del crowdfunding, a cui abbiamo dedicato un paio di post in passato, dedicandoci ai due veicoli principali disponibili, almeno per investitori qualificati, sopratutto nel caso dei fondi immobiliari che non sono quasi mai aperti alla clientela retail.
La prima differenza è proprio questa e concerne l'accessibilità degli strumenti: investire in REITs quotati è operazione aperta a chiunque abbia un conto titoli bancario, investire in fondi immobiliari è invece modalità di investimento che per legge è riservata ad investitori "qualificati".
Liquidità: massima nel caso dei REITs, quasi nulla nel caso dei fondi immobiliari "privati"
Da una parte abbiamo un trust, o scatola scoietaria le cui quote sono trattate su mercati borsistici che fanno prezzo ogni istante, siamo parlando dei REITs, dall'altra abbiamo invece delle quote di fondi di investimento che sono prezzate generalmente al costo storico di acquisto, quindi con una visione "contabile" che guarda al passato e non al futuro come dovrebbero fare i mercati dei capitali e, cosa più importante, tali quote hanno generalmente una liquidità scarsa se non nulla sul mercato secondario.
Se abbiamo 2 MLN di EUR di quote di un fondo immobiliare e siamo al sesto anno, di dieci, di vita dello stesso, per poter uscire da questo investimento saremo tenuti a trovare un nuovo investitore, in gergo limited partner, che compri le nostre quote e si sostituisca a noi. Chi ci approccerà per l'acquisto avrà una lettura dei report prodotti dalla scietà di gestione del fondo diversa da quella "contabile" di cui dicevamo poco fa e comprerà dando un valore "di mercato" più realistico alle stesse: inutile dire che nella generalità dei casi questo valore di offerta sarà minore, anche di molto, rispetto a quello di carico che si presenta nei nostri bilanci.
Parlando di liquidità abbiamo quindi la differenza maggiore: massima per i REITs (almeno all'interno di size non importantissime rispetto alle quote emesse) e minima per i fondi immobiliari.
Trasparenza, altra grande differenza spesso non tenuta da conto a dovere.
Quando investo in un REITs, comprando le azioni di questo in borsa, sto comprando un portafoglio di immobili di cui so vita morte e miracoli, ne ho un elenco preciso, ne conosco la redditività, ho un elenco spesso completo dei conduttori presenti ed eventualmente delle trattative in corso per la locazione di spazi importanti rimasti vacanti: so quel che compro.
Nel caso di un fondo immobiliare invece sono di fronte ad una società di gestione, ed ai suoi manager, che mi presentano una presentazione powerpoint in cui mi comunicano quelle che saranno le aree di interesse del nascente fondo, mi fanno il nome di qualche deal, in maniera confidenziale, che hanno già nella pipeline iniziale subito dopo l'apertura, ma di fatto sto mettendo i miei soldi in una scatola vuota che solo successivamente sarà riempita di immobili, che ad oggi non conosco e di cui non conosco, ex ante, la valorizzazione di acquisto. C'e' infatti il rischio che mi trovi ad essere investito in un fondo che finisce per pagare troppo, e quindi accontentarsi di un rendimento percentuale minore, degli asset che avrei pagati cifre inferiori se fossi stato io ad operare sugli stessi.
Comprare un REIT sul mercato è molto più simile a comprare una quota di un fondo di investimento sul mercato secondario: vado a fare una proposta di acquisto di un portafoglio che conosco nella sua interezza e non è ancora "da crearsi", a differenza della licitazione privata che si ha per l'acquisto di quote sul secondario, qui il prezzo è fatto minuto per minuto dal mercato azionario.
Il problema dello sconto sul NAV e la volatilità del mercato azionario
In questo paragrafo prendiamo di petto le due principali obiezioni che in qualche modo vengono fatte ai REITs da chi per la prima volta si affaccia a questo tipo di strumenti: il fatto che la quotazione di borsa presenta (qussi) sempre uno sconto rispetto al NAV di bilancio degli asset contenuti nel trust ed il fatto che tale sconto, isnieme alla quotazione complessiva, sia affetta non solo da dinamche direttamente collegate al mercato immobiliare ma risenta giocoforza di dinamiche borsistiche più generali e quindi che tali corsi azionari siano penalizzati da "crolli di borsa" che dovrebbero invece beneficiare il mercato immobiliare.
Entrambe le obiezioni sono vere ma cerchiamo di contestualizzarle per capirle meno.
Come detto sopra, quando compriamo un REIT già fatto e quotato sul mercato, ci poniamo come un compratore di quote di un fondo immobiliare sul secondario, non saremo tanto interessati al valore "di libro" degli asset in esso contenuti, ma saremo più tesi ad indagarne la profittabilità futura andandoli a prezzare in base ad essa. Facciamo un esempio, giusto per capirci: se il mio REIT ha dentro solo immobili ad uso di cinematografo, e li ho comprati a 100 2 anni prima della pandemia da Covid, il mercato oggi da a questo genere di beni un prezzo del tutto diverso da quello storico di acquisto che ancora appare nella contabilità del trust, diciamo del 50% inferiore. Lo "sconto" rispetto al NAV è dovuto dal fatto che il prezzo è attuale ed il NAV, non più in linea con i tempi, "storico".
Dinamiche anomale relative allo sconto sul NAV possono invece essere sfruttate dall'investitore paziente per selezionare dei livelli di ingresso ottimali nella specifica azione: se lo sconto su NAV, che negli ultimi anni si è sempe posizionato intorno al 20%, per dinamiche per nulla collegate al settore o agli asset si allarga al 50%, vuol dire che mi è concesso comprare beni ad un prezzo molto vantaggioso, andando anche ad approfittare in ottica futuro di una "normalizzazione" di questa dinamica di sconto.
Il tema della influenza delle dinamiche di borsa sui corsi di tali azioni è invece una critica vera e sostanziale che nel nostro modo di vedere giustifica la scelta di molti investitori istituzionali di tralasciare questi strumenti affidandosi alla illiquidità "protettiva" dei fondi immobiliari privati, ma non spiega analogo comportamento da parte di investitori privati, anche importanti dimensionalmente, come i family office.
La natura azionaria dei REITs influenza, e di parecchio, su questo tema non si contano gli studi di ricercatori economici, la loro dimanica di prezzo: se il mercato di borsa crolla per una guerra in medio oriente, anche il REITs che contiene al suo interno delle strutture logistiche in Svizzera vedrà i propri corsi azionari calare senza che alcun fondamentale giustifichi questo cambiamento di prezzo. Nel breve termine la correlazione tra il settore dei REITs ed il mercato azionario nel suo insieme è molto alta, la "scatola" in cui sono inseriti gli immobili domina le dinamiche di valutazione nel breve per poi scomparire in quelle di lungo termine, dove viene fuori tutta la specificità immobiliare degli asset in essi contenuti. Se un investitore istituzionale che deve riportare non solo risultati di performance ma anche di volatilità - rischio e composizione di portafoglio vede questo come fumo negli occhi perchè va ad incrementare la propria esposizione sul mercato azionario, l'investitore privato, libero di muoversi come crede e senza board di stakeholder a cui riportare dovrebbe invece avere a cuore le dinamiche di lungo trascurando la volatilità nel breve, o meglio utlizzando la stessa per incrementare le posizioni (in discesa) ed decrementarle (in salita).
Differente rischiosità degli asset investibili: immobili "tranquilli" per i REITs e operazioni invece più speculative per i fondi immobiliari
Ci sorpendiamo sempre quando, sopratutto a livello italiano andiamo ad analizzare i risultati in termini di performance delle principali case di gestione di fondi immobiliari: performance da BTP scarsi in un settore, e con una tipologia di veicolo, in cui si potrebbe ambire tranquillamente a risultati a doppia cifra ed anche consistenti.
In termini di asset investibili infatti c'e' una distinzione importante da fare tra la "tranquillità" e prevedibilità che deve caratterizzare gli asset che si inseriscono in un REIT quotato, che devono essere correttamente prezzati dal mercato e devono matchare il profilo di rischio-rendimento degli immobili già presenti, quindi avendo un grand stress sulla capapcità dell'asst in tempi brevi di generare rendimenti in linea con il mercato, contro la possibilità di effettuare speculazioni ardite, più forward looking, all'interno di un fondo immobiliare.
Il fatto di poter effettuare un investimento che per 5-7 anni rimarrà schermato in un bilancio di un fondo chiuso, prezzato al costo di acquisto, consente ai gestori di prendere delle bet che, se rivelatesi corrette, porti a guadagni in conto capitale di massimo rispetto.
Il fondo immobiliare, dal nostro punto di vista, è lo strumento che l'investitore istituzionale deve utilizzare per ottenere un innalzamento di performance dal bucket di rischio dedicato al real estate, e non deve invece essere, come quasi sempre è, un semplice nuovo layer di fees che si aggiunge inutilmente ad una gestione diretta, semplice e fattibilissima in proprio, di immobili già costruiti e locati.
Pensiamo allo sviluppo di nuove aree residenziali, di operazioni con leve finanziarie importanti (andando quindi ad utilizzare quelli che in Italia sono i fondi immobiliari speculativi), alla creazione di pacchetti di immobili, ad esempio ricettivi, comprati tramite acquisto di crediti NPL, che si vanno poi a rversare sul mercato "quotando" il fondo e facendolo quindi diventare un REIT quando il portafoglio è adeguatamente diversificato e dimensionato. In questi casi il fondo immobiliare illiquido ha senso, in tutti gli altri è semplicemente un regalo, in termini di fee ma non solo, che il quotista fa al general partner della società di gestione.
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