Tokenizzazione immobiliare... vera innovazione o cosa già vista?

Tokenizzazione immobiliare... vera innovazione o cosa già vista?

In questo post parleremo di alcuni argomenti facenti parte di quello che oggi viene definito "proptech", ovvero la tecnologia applicata all'immobiliare, le applicazioni sopratutto miranti a facilitarne lo scambio nel senso si incrementarne la liquidità.

Che cosa è la tokenizzazione

Si parla di "tokenizzazione" quando andiamo a "parcellizzare" un singolo asset fisico indivisibile in n parti, con n che può essere anche un valore molto grande. Pensiamo, per avere un esempio pratico in mente, ad un ilocale in centro Milano del valore di 250,000 EUR. Anziche' esserne il solo intestatario, o esserne intestatario con i miei tre fratelli al 25% ciascuno, ne sono proprietario insieme ad altri 999 sconosciuto che come me detengono una "quota" o "token" del bene. Suddividendo la proprietà a questo nuovo livello di valore se ne facilita lo scambio perchè io non vendo più 250k EUR di appartamento ma solo 250 EUR di quota, un ammontare simile a quello del valore di una singola azione su un mercato regolamentato.

Crowdfunding come nuovo metodo di raccolta dei capitali dal pubblico retail

Per raccogliere queste 999 quote da persone che non conosco e che forse non abitano neanche nel nostro paese, faccio uso di quello che viene chiamato "crowdfunding", ovvero mi rivolgo direttamente alla platea generale degli investitori potenzialmente interessati senza dover passare da un intermediario immobiliae e/o finanziario. Si fa un gran parlare di questi termini, che catturano sopratutto l'immaginario degli investitori più giovani ed aperti alle novità. Quello su cui vogliamo far riflettere è che in realtà non ci sia alcuna genuina innovazione che non fosse già presente nelle possibilità che già oggi il mercato ci offre. Anzi a ben guardare, i risvolti negativi di queste innovazioni potrebbero essere addirittura superiori di quelli positivi.

Se riteniamo che avere un portafoglio ben diversificato di immobilisenza essere milionari sia una cosa intelligente, abbiamo assolutamente ragione, ma non per questo dobbiamo comprare un token di 100 case che verranno "tokenizzate" per farlo, già oggi ci sono strumenti che ci forniscono la stessa esposizione in termini di rischio rendimento senza inventarsi nulla di nuovo: i fondi comuni immobiliari.

Raccogliendo, per esempio, 100 MLN di EUR, il fondo ci consente di avere, riprendendo l'esempio del bilocale di prima, 400 appartamenti di proprietà in città ed eventualmente paese diversi, magari di una specifica sottoregione del continente europeo. Il tutto senza che ci si debba inventare nulla. Il fondo si limita a comprare gli immobili e metterseli in pancia, noi ci limitiamo ad acquistare le quote dello stesso che siamo in grado di acquistare. Quote che possono essere vendute all'inizio della vita dello stesso, tramite intermediari come le banche, o che possono essere liberamente negoziate sul mercato azionario con un loro valore di mercato secondo per secondo.

I problemi che i token incontreranno sono i medesimi che vedono oggi le quote dei fondi, che sono di fatto la stessa cosa, una sorta di token di portafogli immobiliari messi insieme da gestori, si suppone, professionali; tali problematiche sono:

- liquidità / liquidabilità della singola quota o token, sopratutto in merito al fair value del prezzo che si riceve quando si aliena la stessa

- controllo dell'asset per la sua gestione e quindi messa a reddito ottimale per il detentore di quota che e' il vero "azionista" i cui interessi vanno tutelati

Problema di liquidità dei token una volta creati, esisterà un mercato secondario efficiente per scambiarli?

Partiamo dal primo problema, Se compro il bilocale mi basta uno sguardo ad un portale immobiliare e la visita ad un paio di agenzie immobiliari di zona per capire la sua valorizzazione di mercato. PAgo una piccola fee di intermediazione e mi libero del bene al prezzo di mercato che esso ha nello specifico momento. Se ho invece la proprietà di 1 millesimo del bilocale stesso chi o cosa mi assicura che ci sia un prezzo sul lato dell'acquisto in linea con la valutazione del bene nel suo complesso. Se il bilocale vale oggi sul mercato 300k eur l'anno e quindi ho imbroccato l'investimento, nulla mi assicura che il prezzo del suo millesimo sia 1/1000 di 300k EUR, ovvero 300 EUR.

Con i fondi comuni qualche intelligentone ha pensato alla quotazione degli stessi in borsa proprio per favorire l'entrata e uscita continua di nuovi investitori al prezzo del NAV, ovvero del valore patrimoniale del complesso di beni posseduto. Purtroppo l'evidenza empirica ci mostra che il prezzzo a cui si scambiano le quote del fondo sul mercato presenta degli ingenti sconto sul NAV, spesso prossimi al 50%. Esempio del bilocale, esso vale 300k EUR, ma la singola azione sul mercato vale 150 EUR e non 300 come si si aspetterrebbe dal valore complessivo del bene diviso 1000. Con i token c'e' da attendersi la medesima cosa, gli stessi avranno un loro prezzo di mercato dato sopratutto dall'appeal in termini di rendimento del bilocale, rendimento che puo' essere molto piu' alto e quindi con prezzo molto piu' basso di quello di mercato del bene nel suo complesso. Se invece di 200 EUR per un singolo token comincio a farmi il mio portafoglio e spendo 100k EUR, ne avrei grande nocumento se con il crearsi di uno sconto sul nav dovessi andare a liquidare  miei asset al 50% del valore dei beni nel mercato immobiliare tout court ... attenzione quindi, molta molta attenzione !

Tanti token in giro, ma chi controlla veramente gli asset sottostanti?

Ancora più rilevante della liquidabilità delle proprie quote o token a prezzi che siano equi e comunque vicini al prezzo di mercato del bene in se, e' poi il tema del controllo. Tutti abbiamo avuto l'esperienza di avere qualcosa in comproprietà con fratelli ed amici e basta poco perche' si creino attriti su come gestire la cosa stessa, sia essa una barco o una motocicletta. Pensiamo cosa voglia dire avere un appartamento che di fatto puo' avere un solo utilizzo, ovvero essere locato ad una persona che vi ci abita, i 1000 proprietari di fatto avrebbero zero voce in capitolo sulla cosa. Si creerebbe come nel caso die fondi comuni una nuova categoria di "gestori" che prenderebbero decisioni e gestirebbero il bene more proprietario, ma seza esserlo e senza avere un reale investimento personale nello stesso. L'Italia ha gia' avuto un periodo di innamoramento nei fondi comuni immobibiliari il cui esempio piu' famigerato sono stati quelli piazzati dalle poste ai propri correntisti, che dopo 15 anni hanno registrato perdite anche dell'80% rispetto ai cosi di carico. L'industria del risparmio gestito, sopratutto nel mondo immobiliare ha sempre distrutto ricchezza per gli incentivi distorti che chi gestisce il bene ha in relazione a chi invece il bene lo ha pagato, anche se fosse solo per una singola quota.

Questa nuova categoria di "investment managers" potrebbe essere interessata più all'incremento delle masse che a quello dei rendimenti e i tanti sottoscrittori potrebbero rendere praticamente impossibile il cambiamento degli stessi nella gestione del bene, ci troveremmo quindi nell'assurdo di un bene senza proprietà di fatto gestito con massima discrezione da chi ne e' solo amministratore. L'esperienza ci mostra che gli immobili rendono x% al family office che ha dietro una famiglia che lo monitora e lo gestisce al meglio, quando lo stesso viene venduto ad un fondo rende x/2% quando si e' fortunati... spesso si passa direttamente a perderci del danaro.

Attenzione quindi alle false innovazioni, guardate quello che avete gia' a disposizione e buttatevi sul nuovo solo quando questo presenta un'attrattivià maggiore e non minore rispetto all'esistente.

Se volete investire nel mercato immobiliare e non volete comprare un intero immobile, imparate ad utilizzare i REITs, delle azioni di cui parliamo spesso nel nostro blog che di fatto rappresentano un sottostante patrimonio immobiliare a reddito, senza "sorprese" come business non allineati all'immobiliare o eccessivi indebitamenti. L'unico problema dei REITs è che nonse ne trovano di italiani, ma in EUropa e negli Stati Uniti sono tantissimi e si può costruire con poco un portafoglio ben diversificato di asset sottostanti. I real estate investment trust sono l' "immobiliare di carta" che vi suggeriamo su cui investire.

Per pareri e commenti, come sempre, scriveteci a: info@immobiliedinvestimenti.com   

 

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